Prefetto di ferro, Il

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Cesare Mori, già noto per la sua inflessibilità nel tutelare lo Stato e la Legge, viene mandato a Palermo verso la fine degli anni ’20 quale Prefetto e con eccezionali poteri. Coadiuvato dal maggiore Spanò dei RRCC, il Mori ottiene confidenze prima ancora di raggiungere il capoluogo siciliano; poi, quando una famiglia intera viene sterminata per atterrirlo, reagisce affrontando personalmente e uccidendo il boss Antonio Capecelatro. Raccolti numerosi indizi, ma impossibilitato ad agire legalmente per la mancanza di prove o di testimonianze, il Prefetto decide di spaventare i mafiosi e nello stesso tempo di ridare al popolo un po’ di fiducia nello Stato. Conduce personalmente una grossa azione di repressione del brigantaggio nel paese di Gangi ove, per snidare i briganti dai rifugi sotterranei, ricorre all’assedio e alla chiusura delle condotte d’acqua. La vittoria sui briganti, culminata con l’arresto e suicidio di Don Calogero Albanese, lo induce a volgersi contro i ‘gentiluomini’, cioè la mafia più potente. L’irruzione nello studio notarile di Concetto Tarvisio gli mette in mano documenti che porterebbero all’arresto di mezza Sicilia. La pista più grave è quella che conduce, tramite testamento, da un povero vecchio morto nell’Albergo per i Poveri all’on. avv. Galli, federale fascista. Il colpo è troppo grosso: Mori, fatto senatore, dovrà recarsi a Roma; e il suo posto verrà trionfalmente rilevato dal camerata Galli. Prima di partire, il Prefetto di Ferro dichiarerà al buon Spanò: ‘Mi sento come un chirurgo che ha operato a metà; che ha fatto soffrire e non ha guarito’.

EXTRA: Intervista a Pasquale Squitieri e Giuliano Gemma , Trailer

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